L'esemplare servizio liturgico
del padre Calisto Catani


Le liturgie della SS. Annunziata di Firenze possono apparire meno valorizzate rispetto ai monumenti e alle opere d’arte del santuario, ma ebbero, e hanno, i loro sostenitori che rispettosamente si posero, e si pongono, al suo servizio.
Così avvenne per il p. Callisto Catani la cui figura nelle ARicordanze del p. Antonio Fabbri è così descritta:

«Lunedì 9 luglio 1703.
Ricordo, come in questo soprascritto giorno a ore 4 della notte antecedente passò di questa all’altra vita il nostro venerabil padre fra Calisto Catani cittadino fiorentino, sacerdote, e figliuolo di questo convento.
La sua morte fu cagionata da un abbondante fluvione di catarro, sopraggiuntasi, mentre era sano, a un’ora e mezza della detta notte, né giovando per divertirla i rimedi ordinati dal medico, che chiamato subito accorse, chiese l’infermo gli ultimi sagramenti, onde si confessò, et hebbe l’estrema unzione colla raccomandazione dell’anima; ma non poté, per la copia del catarro, ricevere il SS. Viatico.
A questo mancamento però supplì il suo ardente desiderio di riceverlo, e si consolò colla riflessione d’essersi comunicato l’istessa mattina della domenica, e letto, celebrando egli la messa all’altare della SS. Nunziata; e rassegnatissimo nel divino beneplacito, con sentimenti di ottimo religioso placidamente spirò in età di quasi settantacinque anni, essendo egli nato, come si ha della fede del battesimo, a’ 28 d’agosto dell’anno 1628 e gli fu posto al sacro fonte il nome di Giovanni, e alla religione il nome di Calisto.
Un simile accidente mortale patì questo religioso la mattina de’ 19 aprile del presente anno, e giudicato da’ medici pericoloso della vita, si comunicò per viatico, ma dopo 40 giorni in circa d’infermità e convalescenza, risanò in modo che riprese il suo ordinario vivere, e consuete fatiche.
Finalmente assalito da nuovo accidente come sopra se ne morì.
La mattina del dì 9 detto fu esposto in chiesa il suo cadavero nel cataletto ornato di 4 croci, e circondato di sei sgabelloni [mensole riccamente intagliate], secondo il consueto che fa la sagrestia a’ nostri sacerdoti.
Ma perché il padre defunto era attualmente correttore della compagnia del nostro Abito, gli uffiziali di essa gli aggiunsero altri 6 sgabelloni con candela di libbra, e più 6 candele di libbra all’altar maggiore, sei altre di mezza libbra all’altare della Nunziata, e 6 di tre once all’altare della Concezione [oggi del SS. Sacramento o di Santa Giuliana], dove è eretta la detta compagnia.
All’ora di terza si recitò in coro tutto il mattutino de’ Morti, e successivamente si cantò la messa di esequie all’altar grande, rispondendo una voce con l’organo, e la sera dopo compieta si cantorno i soliti responsori, e gli si diede sepoltura.
Il giorno seguente, martedì, il padre priore fece dispensare a’ poveri dieci staia di pane, supplendo con questa carità a quella maggiore onorevolezza del funerale, che si meditava da’ padri di fare alla memoria di un loro fratello certo benemerito di questa casa, quando non fosse stata fatta dalla compagnia come sopra.

Questo nostro prenominato religioso defunto, sin da’ primi anni del suo sacerdozio, tralasciando gli studi delle scienze speculative [filosofia, matematica e teologia], si dedicò totalmente al servizio della chiesa, e a giovare spiritualmente a’ prossimi coll’esercizio d’ascoltare le confessioni, e ministrare l’Eucarestia.
La sua fervente carità di confessare continuò sino alla morte, né si intiepidì il calore per la cadente età, né s’intermesse l’esercizio che per gravissima infermità.
Fu in ogni tempo vigilantissimo in sorgere al mattutino celebrando la seconda messa, e dopo la morte del venerabile padre Vincenzio Baroncini [1672] subentrò in suo luogo a celebrare la prima messa, nel qual uso perseverò fino all’ultimo giorno di sua vita.
Fu anche suo quotidiano costume dopo la messa di trasportare per la comunione dall’altare maggiore a quel della Concezione la pisside delle particole consagrate, e dipoi mettersi nel confessionale, e star quivi con indicibil pazienza fin a dopo mezzo giorno ad ascoltar le confessioni.
E qui è da notare singolarmente, che il giorno interveniva in coro al vespro, e la sera alla compieta, quando non era occupato nel servizio degli infermi della città, chiamato a confessarli, o ad assistere al loro transito moribondi.
La sua carità era universale, ed esercitata ugualmente con tutti, senza distinzione di nobili o plebei, di ricchi o poveri.
Con tutto questo però havea molta nobiltà che gli era affezionata per la sua grande esemplarità, e continua assistenza al sacro ministerio.
Nella religione non hebbe altro ufficio che l’esser socio provinciale l’anno 1680, come si legge ne libro precedente di Ricordanze E, a carte 188 par. 2, contentandosi egli, ed i superiori ancora degli uffici che in chiesa, come sopra esercitava.
Fu per alquanti anni confessore ordinario delle monache di Bonifazio [l’ospedale di San Bonifacio in via San Gallo], e straordinario a diversi monasteri; ma in questo impiego quantunque fosse egli molto desiderato, volentieri non vi si applicava per non lasciare il servizio della propria chiesa, dove era anche costituito penitenziere.
Dopo la morte del padre maestro Evangelista Tedaldi [1683] fu eletto correttore della venerabil compagnia notturna di S. Antonio.
Rinunziò egli più volte nella sua grave età questa carica, ma non fu mai accettata la rinuncia, onde seguitò in essa sin al fine di sua vita. Siccome nella sua gioventù fu correttore o vice correttore della compagnia di S. Brigida.
Finalmente fu correttore della nostra venerabil compagnia de’ Sette Dolori di M. V. carica da esso sostenuta per lo spazio continuo di sopra 40 anni con somma lode, in cui mostrò apertamente il zelo grande che haveva di ampliare la divozione verso la SS. Vergine Addolorata, in tante spese che egli fece alla cappella di detta compagnia, in solennizare la festa principale con estraordinaria pompa ed estensione di ottava, negli esercizi spirituali il venerdì di ciascuna settimana coll’esposizione del Venerabile, nella stampa di detti esercizi col titolo di Fascetto di mirra; e di tutt’altro che nel presente e precedente libro di Ricordanze in questo proposito si è notato, per cui si è resa più celebre la compagnia del nostro Sant’Abito.

Promosse la divozione della Novena del santo Natale, la quale cominciò a celebrare l’anno 1675.
Usò di fare ogn’anno, di carnovale e di settembre, due comunioni generali coll’esposizione del SS. Sagramento, e indulgenza plenaria in suffragio dell’anime del Purgatorio, delle quali si è fatta menzione ne’ sopracitati libri di Ricordanze a’ suoi luoghi.
Hebbe gran premura della conservazione de’ voti offerti a questa miracolosa Immagine di M. V. Annunziata, e che si tenesse memoria di quei miracoli che alla giornata succedevano, che perciò usava questa carità di far dipignere a sue spese in tavolette ben adornate quelle grazie e ricevute da persone, le quali per la loro povertà non potevan ciò fare.

Non contento questo buon padre di servire con indefessa carità la chiesa nel sacro ministerio di confessare, volle ancora arricchirla di nobili e preziosi arredi applicandovi con la dovuta licenza l’entrate de’ suoi beni patrimoniali, e le limosine de’ benefattori e sua divoti, le quali non mancavano alla sua pia intenzione.
In questo particolare posso dire con verità, non esser passato anno che egli non habbia dati evidenti segni della sua generosa beneficenza, come si può vedere ne’ libri di Ricordanze, presente e precedente, dove sono registrate tutte le spese fatte da esso in beneficio della chiesa, quali fra l’altre sono, nella grossa contribuzione al paliotto d’argento dell’altar maggiore, nella fabbrica più volte rinovata della macchina o residenza della statua di M. V. Addolorata, nell’adornamento dell’altare della Concezione, nella copia di tanti ricchi paramenti offerti alla sagrestia; nel reliquiario d’argento per il legno della Santa Croce, e in tanti altri benefici, che a me sarebbe impresa troppo malagevole il riferirli tutti distintamente, se pur di tutti io ne habbia notizia, oltre alle grandi spese fatte ogn’anno e nella festa principale dell’Abito, e nelle due sopradette comunioni generali, nelle quali, e in ogn’altra spesa rimetto il lettore a’ libri sopracitati.
Solamente aggiugnerò, che non si è fatta spesa in chiesa, alla quale il padre Calisto non habbia contribuito del suo deposito.
Ristrignerò il tutto che dirsi possa in commendazione del nostro padre Calisto, dicendo esser egli stato religioso grave, divoto, di singolar modestia ed esemplarità, solerte del decoro della chiesa, del culto della miracolosa Immagine che in essa s’adora, e della divozione verso la B. Vergine Addolorata; indefesso nell’ascoltare le confessioni, caritativo, compassionevole de’ poveri, divoto dell’anime del Purgatorio, affabile con tutti, serviziato, grato a’ benefici, e finalmente in credito generale appresso la città, e alla casa serenissima. Che perciò universale è stato il dolore delle perdita di quest’uomo, alla cui anima il Signore Iddio habbia donato l’eterno riposo».

Trascrizione di Paola Ircani Menichini, 22 gennaio 2022.
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